lunedì 25 giugno 2012

Cinipide del castagno: la truffa continua!


In merito alla questione del cinipide del castagno (questo è un imenottero che determina la formazione di galle sui castagni causando una drastica diminuzione dei frutti e nei casi più estremi causa la morte della stessa pianta) sono state spese molte parole, si sono tenute innumerevoli conferenze, varati i più disparati interventi, ma nessuno ha voluto, come sempre, limitarsi ad evidenziare la realtà dei fatti, e cioè che una risorsa strategica per l’intera Irpinia come le castagne sono state sistematicamente poste sotto attacco e che, in tale meschino intervento, c’è stato ed è in atto un’infame speculazione.



Le castagne da millenni caratterizzano un ampio territorio della nostra provincia ed in alcuni casi sono persino espressione di altissima qualità, rinomate in tutto il mondo, si pensi alle castagne di Montella; in tempi di guerre e di povertà estrema le castagne sono state il pane degli irpini; ma oggi non si esagera a definire le castagne irpine un frutto a rischio estinzione. Questo “splendido risultato” è stato perseguito e ottenuto dai soliti attori che, fedeli come sempre solo ed unicamente alla loro logica disumana, hanno operato in piena sintonia per privare il popolo di qualcosa che molti (francamente sbagliando) ritengono ormai superfluo.

L’Unione Europea, il Ministero per le politiche agricole e quello per la salute, i vari assessorati all’agricoltura, sia a livello regionale, che provinciale e locale, i vari ispettorati agrari, le facoltà d’agraria di numerose università nazionali e persino molti castanicoltori stessi si sono resi protagonisti di un autentico crimine. Ma cercando di andare per ordine, si inizia col ricordare come una patologia ben nota da oltre trenta anni, come quella del cinipide del castagno, sia stata fatta volutamente introdurre in Italia alla fine degli anni Novanta. E sempre omettendo qualsiasi efficace intervento per contenerne la diffusione (cosa più che fattibile se solo ci fosse stata un’effettiva volontà politica), la patologia in questione è giunta anche in Irpinia.

Come in qualsiasi altro luogo dove è giunta l’immane bestia, anche in Irpinia si sono susseguite le fasi di un’iniziale disperazione, poi di una prima reazione con il mobilitarsi dei più svariati attori politici e non, tutti pronti ad ergersi come i difensori dell’agricoltura locale, poi sono susseguiti gli interventi e la verità in merito alla questione del cinipide si è palesata in tutta la sua franchezza.

Il reale obiettivo di chi si nasconde dietro l’Unione Europea è molto chiaro, annientare l’agricoltura biologica; e una patologia come quella del cinipide rappresenta uno dei modi classici per colpire, mediante una serie di meccanismi anonimi, l’agricoltura sana e, allo stesso tempo, la salute delle persone. Si afferma ciò perché come sempre operano i disumani, dietro ad una parvenza di bontà, che nel caso in questione è costituito dalla lotta biologica con l’introduzione di un insetto antagonista (un altro imenottero, il torymus sinensis, che si alimenta di cinipide), allo stesso tempo il Ministero della salute ha consentito che i castagni fossero trattati con dei prodotti altamente tossici come il Karate Zeon (la cui efficacia effettiva nella lotta al cinipide è pari allo zero e le relative procedure per far rientrare tale prodotto tra quelli consentiti è stata una totale forzature degli atti normalmente previsti dalla legge); ed inoltre, in altra sede lo stesso ministero ammette l’elevata incidenza tumorale del prodotto in questione.

Ma ciò è stato solo l’inizio, perché con l’autorizzazione da parte del Ministero per un unico e solo trattamento si è scatenata, da parte di innumerevoli castanicoltori locali, un’azione selvaggia con l’impiego massiccio dei suddetti prodotti fitosanitari, spesso acquistati sul mercato nero e utilizzati senza le dovute precauzioni. Il risultato, nei peggiori dei casi, è stata la morte delle piante di castagno, la morte di una parte consistente degli insetti impollinatori e degli insetti inibitori, e l’aver reso il relativo sottobosco un campo di morte.

A tutto ciò si aggiungono l’ennesime truffe sia in merito ai fondi stanziati dagli enti pubblici per contrastare il cinipide, che sistematicamente vanno a finire ai soliti commercianti pseudo castanicoltori che pubblicamente si vantano di aver trattato con i prodotti precedentemente citati le proprie piante (e poi le spacciano sul mercato come prodotto biologico); e sia per ciò che riguarda il mercato degli insetti inibitori, dove si registra di fatto un monopolio che consente di speculare in maniera indegna.

Oggi, non contenti di quanto realizzato fino a questo punto, sempre i soliti protagonisti di questo crimine si stanno preparando per l’ennesima truffa, giusto per annientare quanto si è riuscito a salvare fino adesso. Nello specifico, a detta dell’assessore all’agricoltura della Regione Lazio esiste un fungo che già è presente in natura e che oltre ad attecchire sulle castagne sarebbe in grado di attaccare anche le galle del cinipide del castagno, e si vorrebbe provare ad intervenire su tale fungo aumentandone la sua azione, anche se non si comprende bene come poi si possano salvare le castagne e far attaccare da questa mussa le sole galle. Alcuni sostengono che con un’azione combinata tra mussa e ciò che dovrebbe annientare la stessa, se eseguiti in specifici periodi e particolari modalità si possa avere un risultato accettabile, pur dovendo sottoporre a continui trattamenti le piante di castagno, e in questo consisterebbe la nuova truffa, condannare in un modo o in un altro la coltura del castagno al costante trattamento chimico. Si vedrà, certo è che qualcosa bolle in pentola, e i precedenti non fanno ben sperare, ma soprattutto i funzionari dei vari enti pubblici continuano ad avere un comportamento molto strano in merito a queste notizie, che fanno fatica a trapelare e sono, come sempre, ben celate e condivise con i soli soggetti che andranno a beneficiare dei cospicui fondi stanziati per i vari interventi previsti.

Comunque, lo scenario nel suo complesso è francamente tragico, ma è doveroso reagire e tentare di preservare i castagni e il suo nobile frutto. Tra le poche certezze, in questo clima di mistero, è che bisognerà cambiare le modalità di gestione dei frutteti in maniera tale da consentire agli operatori di intervenire con maggiore facilità e mantenere viva la tradizione della coltura biologica della castagna irpina. Inoltre, è opportuno affrancarsi dalle istituzioni e da quei privati che non hanno mai compreso il reale spirito e valore identitario insito nella coltura della castagna, ma anzi si sono resi sempre protagonisti di condotte poco onorevoli, basti pensare all’espressione: “Castagne lavorate a Montella”, che esprime la falsità e la violenza proprie di chi ha una natura disumana.

Hirpus

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